
CORO:
Contro il potere dello scontato, dell’idea dominante, il potere dell’abitudine, si accampi
Il miracolo dell’imprevisto, dell’invenzione, dell’immaginazione e del gratuito.
Venga la forza della Poesia. E che sia pericolosa! Che spaventi! Perché il terrore, ciò che ci riporta a
terra, ci ricordi che “solo immaginando l’impossibile sarà possibile trasformare l’inaccettabile”.
Βάτραχοι, 1418: “sono sceso quaggiù a cercare la poesia, perché il nostro paese possa salvarsi”
Prodotto da Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatri di Bari e Solares Fondazione delle Arti, lo spettacolo è il risultato finale di un progetto più ampio – in cantiere da ormai due anni e più volte rimandato a causa dell’emergenza sanitaria – che, nei mesi, ha visto coinvolte diverse realtà del territorio.
In scena un coro di cittadini ogni sera diversi affiancano il nucleo di artisti under 35, provando a rifondare l’antico legame esistente tra società e teatro. Ogni fase del lavoro ha vissuto momenti collettivi in cui sono state coinvolte diverse realtà attive sul piano sociale, culturale e dell’associazionismo. Oltre ai workshop cittadini e per la selezione degli artisti, è stata avviata una collaborazione con studenti e docenti dell’Università Statale di Milano e l’Università IULM a cui è stata affidata una nuova traduzione del testo; gli allievi dell’Accademia di Brera hanno affiancato lo scenografo nella costruzione delle scene ottenendo crediti formativi come parte dell’attività didattica; gli studenti dell’IIS Galilei-Luxemburg hanno partecipato a una sessione di laboratori intorno ai temi dello spettacolo.
Una delle opere più celebri di Aristofane rivive dunque in un allestimento inedito, eterogeneo e condiviso che accompagna il pubblico in un divertente e visionario viaggio negli inferi.
In scena assistiamo alle rocambolesche peripezie del dio Dioniso e del suo servo Xantia, diretti verso l’Ade per riportare in vita un Poeta che salvi la città dal degrado culturale.
La struttura stessa dell’opera originale ha suggerito le modalità di lavoro: una drammaturgia on the road divisa in due parti molto diverse tra loro, così come potrebbero apparire diversi i due protagonisti. La loro continua relazione di scambio, mascheramento e svelamento, oltre che sintomatica del trasformismo politico denunciato da Aristofane, ci mostra invece come in fondo entrambi non siano che due aspetti della nostra umanità, in bilico tra afflato divino e greve animalità. Due facce di quello “specchio ustorio” che è la commedia, un elastico teso tra alto e basso, tra poetico e popolare.
In questo modo i temi principali (l’importanza della cultura e del suo valore sociale-politico, il pacifismo ante litteram, la responsabilità individuale e collettiva, l’interrogarsi sul futuro) possono essere trattati alternando l’identificazione più emotiva, capace di abolire distanze e conflitti, con la farsa più divertente, capace di deviare da percorsi già battuti.
Il viaggio del dio e del servo è prima disseminato di incontri singoli che tracciano il percorso, poi si estende a tutto il coro e, infine, all’altra metà del cerchio, il pubblico. Ed è in questo momento, quando varcano le soglie del mondo di qua, che avviene la cesura, che è anche un atto di responsabilità. Il coro dei cittadini invade la scena spezzando il procedere della trama e provando a farsi crepa, a sospendere quell’idea di storia come linea retta, progressione continua che non permette di immaginare altro che un futuro come ripetizione corrotta di un eterno presente.
Note di regia
Ho scelto come campo d’indagine una commedia che ha per oggetto lo statuto della tragedia ideale, partendo da quella che può essere definita già dal principio un’operazione metateatrale.
La scelta nasce dal desiderio di lavorare intorno all’identità speculare che lega il comico e il tragico, alla riscoperta di quel ruolo sociale che la poesia ha sempre avuto e sempre avrà. Il teatro, infatti, per la sua intrinseca sostanza è fra le arti la più idonea a parlare direttamente al cuore e alla sensibilità della collettività. La sfida è ricucire il dialogo interrotto.
Nelle tragedie e nelle commedie della Grecia classica in scena erano impegnati pochi attori e un coro formato da cittadini ateniesi, scelti attraverso laboratori. Allo stesso modo, per coinvolgere realmente la comunità, per mettere in contatto la “periferia” con ciò che “sta al centro”, ho tradotto quella pratica, immaginando uno spettacolo che impegni in scena attori professionisti e cittadini.
Nell’epoca dei grandi media virtuali, affrontiamo la materia sacra di persona. Nell’epoca del solipsismo sempre più disperato, ci uniamo in cerchio e ci facciamo comunità.
Pensare il coro, oggi, agirlo al centro della scena, oltre che poetica, è questione politica. È in gioco il legame di sangue tra società e teatro. Ri-fondare il coro e ri-fondare la polis. Perché il teatro, e la comunità, e il coro, in questo momento storico noi ce li dobbiamo letteralmente re-inventare.
Il teatro, come la politica, è una poesia che non si scrive da soli.
Marco Cacciola
CREDITS
da Aristofane
progetto e regia Marco Cacciola
con (in o.a.) Giorgia Favoti, Matteo Ippolito, Lucia Limonta, Claudia Marsicano, Francesco Rina
e un coro di cittadini ogni giorno diverso
traduzione Maddalena Giovannelli, Martina Treu
dramaturg Lorenzo Ponte
scene Federico Biancalani
costumi Elisa Zammarchi
direzione tecnica Rossano Siragusano
musiche e suono Marco Mantovani
assistente alla regia Gabriele Anzaldi
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale / Teatri di Bari / Solares Fondazione delle arti
un ringraziamento speciale ad Antonia Chiodi e a Marco Martini
NUOVA PRODUZIONE/DEBUTTO 14 GENNAIO 2022 TEATRO FONTANA, MILANO
TOUR 22/23
9, 10 novembre Teatro Cantiere Florida, Firenze
19, 20 novembre Teatro Kismet, Bari
2, 3 dicembre Teatro delle Briciole, Parma
2_10 febbraio Teatro Fontana, Milano
13 febbraio Teatro Testori, Forlì