Ortoleva lavora in ardito equilibiro tra sostanziale fedeltà a trama e ambientazione (anche nei costumi) e una progressiva, implacabile torsione (anche lessicale) che, azzerando lieti caliuci e struggimenti tubercolotici, rintraccia i sintomi di una malattia tutt’altro che romantic: chi va a morire non è l’eroina che sputa sangue in fazzoletti ricamati, è la puttana che la società manda al macello con il bon ton di maschi (ben) educati alla caccia.
S. Chiappori, La Repubblica
I corpi attoriali si pongono sulla scena con una presenza magnetica e inequivocabile immergendosi nelle luci di Davide Bellavia e dentro agli immediatamente iconici costumi di Daniela De Blasio.
N. Villani Birdmen Magazine
Una macchina perfetta esteticamente e interpretativamente, con un finale che forse consegna la chiave di lettura del vago straniamento con cui lascia lo spettatore: “trasformare una storia in un’opera è come imbalsamare.
C. Palumbo, Artapartofculture
Tutti ricordano La Traviata di Giuseppe Verdi.
La più famosa cortigiana parigina per amore di un ragazzo di buona famiglia decide di cambiare vita e abbandonare lusso e trasgressioni. Ma la società, che mal vede l’integrazione di una prostituta, rende questo amore uno strazio, fino alla morte di lei. L’opera di Dumas, che ha creato uno dei topos femminili più intensi dell’800, riprodotto in balletti, spettacoli e film, è un romanzo di straordinaria brutalità sociale.
La cronaca impietosa di un omicidio sociale, in cui la violenza classista e moralista, immersa in condimenti stucchevoli e sentimentali, è travestita da romanticismo. Una storia che racconta una collettività disgustosa – forse persino oltre le intenzioni coscienti dell’autore – ispirata ad un caso di cronaca dell’epoca, e che continua a toccarci ancora oggi più di quanto vorremmo.
Per chiudere questa personale trilogia sui miti dell’amore romantico, passata per il romanzo di Lancillotto e “La Dodicesima notte” di Shakespeare, ho scelto un testo che mi ha sempre sconvolto per la sua ferocia cortese. Roland Barthes scrive in “Miti d’oggi” che a Margherita Gautier, alienata ma servile, mancherebbe pochissimo per diventare una fonte di critica della società classista in cui è immersa. Era un invito troppo allettante per lasciarselo sfuggire.
G. Ortoleva
CREDITS
liberamente tratto dal romanzo di Alexandre Dumas figlio
drammaturgia e regia di Giovanni Ortoleva
dramaturg Federico Bellini scene Federico Biancalani costumi Daniela De Blasio musica Pietro Guarracino aiuto regia Marco Santi
con Gabriele Benedetti, Anna Manella, Alberto Marcello, Nika Perrone e Vito Vicino
produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, Elsinor, Tpe-Teatro Piemonte Europa, Arca Azzurra
dal 14 al 24 novembre – MILANO – Teatro Fontana