Sogno di una notte di mezza estate

È la Londra di fine anni settanta a fare da sfondo a questa edizione del Sogno; non solo un’ambientazione, ma un contenitore calzante per il dipanarsi della narrazione. Gli anni settanta sono stati un momento di tensione e collasso della società, non solo londinese: in Italia per esempio i movimenti studenteschi divenivano sempre più armati e militanti, gettando il paese in uno stato di perenne allarme. Si trattava, in sostanza, di un bisogno di distacco generazionale con la classe che aveva fatto le guerre, di un processo edipico “a priori”, cioè spesso senza alcun movente manifesto. La stessa cosa accadeva a Londra, ma trasposto nel mondo dell’arte: i giovani dichiaravano il proprio disgusto per i vecchi in bombetta con la musica e non con le armi. Nasce il punk, che ha la stessa violenza di una brigata armata nostrana, ma espressa attraverso note stonate. Nascono l’Art Rock e il Glam Rock, espressioni musicali che eliminano a priori tutte le convenzioni imposte dai padri: l’ambiguità di genere, l’androginia diventano uno strumento per fuggire dalla Legge del Padre. La stessa legge – quella ateniese – da cui i quattro innamorati scappano, per rifugiarsi nel luogo – la Foresta – in cui tutto è permesso, in cui le dinamiche umane non sono determinate da sovrastrutture patriarcali, in cui gli Spiriti non hanno sesso o li hanno entrambi.
Sogno di una notte di mezza estate si presta bene a questo tipo di tradimenti e incursioni perché ricco esso stesso di contaminazioni, di suggestioni provenienti da diverse fonti, di echi di altre epoche.
In questo testo in particolare si compie l’incontro perfetto tra la struttura delle commedie shakesperiane – fatte di contrappunti, cinica dialettica, costruzione millimetrica e a tutto tondo dei personaggi – e i temi delle opere legate all’Inghilterra medievale, come Macbeth o Amleto: drammi cupi, dove la violenza affonda le sue radici nella narrazione e il rapporto col mistero è diretto, la magia parte della vita dell’uomo. Difatti la prima scena del primo atto contiene un nucleo violento: Teseo, uno dei padri fondatori della democrazia ateniese, ha rapito con la spada Ippolita, la regina delle Amazzoni, un popolo che ha scelto per sé la via della castità e del culto di Artemide. Teseo la strappa da quel mondo e la costringe a divenire sua sposa. Non si preoccupa dei desideri di lei, come, d’altronde, nessuno degli altri personaggi “cortigiani”. L’intreccio degli innamorati diventa così uno scontro tra persone che non sono in grado di compiere una scelta, ma che pensano piuttosto di poter di decidere sulla libertà erotica altrui.
La foresta è qui un luogo oscuro, in cui le sovrastrutture umane sono bandite, in cui non si obbedisce alla Legge, e l’androginia, l’ambiguità – o indifferenza – di genere regnano sovrane; in questo luogo cupo le coppie di innamorati perderanno il proprio partner e, per un attimo, anche sé stessi. Perfettamente intrecciata con la trama centrale (come difficilmente avviene nei testi del Bardo) la mini-trama vede protagonisti un gruppo di artigiani – in questa versione minatori – che, durante una sorta di dopolavoro, ha formato una piccola compagnia filodrammatica e adesso si prepara a mettere in scena uno spettacolo da proporre al gran cerimoniere di Teseo per le nozze con Ippolita. Il testo non è bello, gli attori non sono bravi, ma questa compagnia ha una caratteristica che la rende commovente: ha fede. Ha fede nel potere di trasfigurazione del Teatro, grazie al quale l’interprete può realmente fuggire dalla propria misera vita, e divenire principe, signore o, perché no, bestia feroce. I comici rappresentano il fulcro emotivo del testo, che divide il mondo in due: chi è in grado e chi non è in grado di credere al di là di ciò che è manifesto e razionale.

CREDITS

produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale
in collaborazione con Idiot Savant
da William Shakespeare
traduzione, adattamento e regia Filippo Renda
con Astrid Casali, Aurelio di Virgilio, Matteo Gatta, Mauro Lamantia, Luca Oldani, Beppe Salmetti, Mattia Sartoni, Laura Serena, Irene Serini, Ester Spassini
scene e costumi di Eleonora Rossi
disegno suono e disegno luci Rossano Siragusano
assistente alla regia Valeria de Santis
assistente volontario Nicolò Valandro
assistente costumista Alice Mancuso
sarto di scena Fabrizio Mari
trucco studenti Accademia alla Scala
in collaborazione con Next Laboratorio delle Idee 2017-2018

MEDIA

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